Urbanista, impegnato in politica (è stato sindaco di Ivrea e parlamentare), designer, architetto, editore. Adriano Olivetti è stato tutto questo, ma soprattutto è stato uno degli imprenditori più innovativi del Secondo Dopoguerra italiano.
Nel 1938 eredita il controllo della società fondata dal padre Camillo, che ha un business consolidato nel mondo delle macchine da scrivere: veri e propri pezzi leggendari, come la M20 e la MP1, che fanno conoscere il brand Olivetti in tutto il mondo.
Adriano in quell'azienda non è partito però come “il figlio del capo”, ma come operaio: nel 1924 inizia l’apprendistato dopo la laurea in chimica industriale. Qui capisce, come scrive lui stesso, che “occorre capire il nero di un lunedì nella vita di un operaio, altrimenti non si può fare il mestiere di manager, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri”. Una filosofia che lo porterà a rivoluzionare il concetto stesso di fabbrica, approvando misure di welfare aziendale, bilanciamento tra vita e lavoro, mettendo insieme nei propri team tecnici e umanisti: intuizioni che ancora oggi sembrano all'avanguardia.
Tra la fine degli anni ‘30 e l’inizio dei ‘40, la Olivetti cresce ed espande i propri interessi a telescriventi, calcolatrici, attrezzature per ufficio. A partire dagli anni ‘50, l’azienda si orienta anche sull'elettronica, facendo fare passi da gigante all'intero settore e bruciando la concorrenza di aziende americane blasonate come IBM e HP. Concentriamoci su quest’ultima intensa fase della vita di Adriano Olivetti, nato l’11 aprile di quasi 120 anni fa.
Gli anni ‘50, la passione per l’elettronica di Olivetti
«Prima del denaro, era nostra intenzione offrir loro una sfida, la possibilità di partecipare con entusiasmo e motivazioni ad un’impresa innovativa, con spirito di avventura e l’aspirazione a conquistare qualcosa di nuovo».
A ricordare la vision della Olivetti nel mondo dell’elettronica, è il figlio di Adriano, Roberto, che insieme al papà, all’ingegnere informatico italocinese Mario Tchou (che diventerà responsabile tecnico del progetto) e Riccardo Berla, capo del personale, sarà il nocciolo duro che porterà avanti “il sogno del futuro”.
L’azienda parte con la creazione di un piccolo gruppo di esperti, ognuno dei quali si occupa dei diversi aspetti necessari per arrivare alla produzione di un calcolatore elettronico. Un progetto che, come intuisce Adriano, non è a breve termine: occorre lasciare il team libero di lavorare e sperimentare per 5-7 anni, senza attendersi risultati immediati.
«Operavamo con la piena fiducia dell’azienda – ha raccontato ancora Roberto Olivetti – con l’unico vincolo di rendere conto del lavoro svolto a lunga scadenza. Ricevemmo una delega di poteri assoluta, una fiducia piena, che è elemento essenziale per poter lavorare in un settore pionieristico».
Il primo passo nel settore, la Olivetti lo compie nel 1952, quando apre a New Canaan, negli Stati Uniti, un laboratorio di ricerche sui calcolatori elettronici, “duplicato” poi a Pisa tre anni più tardi.
La vera svolta parte da Tchou, nel 1956, che spinge l’azienda di Ivrea a sperimentare nei componenti elettronici allo stato solido – diodi e transistori – che di lì a poco diventeranno essenziali per l’elettronica e le telecomunicazioni. Fino a quel momento, i circuiti elettronici erano realizzati in valvole termoioniche, ma l’invenzione del transistor stava per rivoluzionare il mercato e tutti i più grandi produttori mondiali cercavano il modo di sfruttare la nuova tecnologia per lanciare prodotti commercialmente appetibili.
Prima Roberto, poi Adriano si fanno coinvolgere nel sogno e parte la sfida.
Dopo la necessaria fase di studio, si comincia a fare sul serio sul fronte della produzione, nel 1957, con la fondazione della SGS, Società generale semiconduttori (oggi STMicroelectronics), creata in partnership con la Telettra, società di Virgilio Florani impegnata nel settore telecomunicazioni.
Un anno dopo, arriva il primo prototipo sfornato dalla SGS: l’Elea 9003, il primo calcolatore elettronico italiano, un gioiello di design progettato da Ettore Sottsass, messo poi in commercio nel 1959. L’Elea (ELaboratore Elettronico Automatico) è tra i primi – se non il primo – calcolatore a transistor prodotto in serie, nel mondo. Per fare un confronto, la Olivetti riesce a completare la sfida sei mesi prima della IBM.
È italiano il primo Personal Computer della storia
Adriano Olivetti capisce che il settore è un’opportunità di sviluppo, non solo per la sua azienda. La sfida dell’elettronica è “una meta” che porterà al “progresso comune – economico, sociale, etico – della intera collettività”, spiega lo stesso imprenditore presentando l’Elea 9003.
Sempre nel 1959, Olivetti acquisisce la Underwood, azienda statunitense da 11mila dipendenti, a cui papà Camillo si era ispirato per la nascita della sua fabbrica a Ivrea. La nuova controllata dovrà essere interamente convertita ai settori dell’elettronica e dell’informatica.
Il sogno di Adriano Olivetti viene bruscamente interrotto dalla sua tragica morte. È il 27 febbraio 1960, sul treno da Milano a Losanna viene colpito da una trombosi cerebrale. Qualche mese dopo, anche Tchou andrà incontro a una scomparsa prematura, il 9 novembre 1961, in un incidente d’auto.
La Olivetti perde due giganti, ma il figlio Roberto continuerà nel solco tracciato, fino a raggiungere un altro importante traguardo. È l’ingegnere Pier Giorgio Perotto a guidare la nuova squadra dedicata all’elettronica.
Lo stesso Perotto ha raccontato che “tra la fine del ‘62 e gli inizi del ‘64” nasce nella sua mente “un sogno: una macchina in grado di compiere calcoli complessi”, ma “il cui uso fosse alla portata di tutti e non solo di pochi specialisti”. Per riuscirci, questo nuovo calcolatore doveva “soprattutto costare poco e non essere di dimensioni diverse dagli altri prodotti per l’ufficio, ai quali la gente si era da tempo abituata”.
Perotto ancora non lo sa, ma il suo sogno è quello di un Personal Computer. Una vision che si realizzerà con la Programma 101, considerato come il primo PC della storia, in anticipo sui tempi di quindici anni rispetto alle innovazioni introdotte da Steve Jobs e Bill Gates.
Programma 101 viene lanciata a New York, il 14 ottobre 1965, e avrà un successo enorme. Non esisteva nessun calcolatore al mondo che aveva una tale potenza di calcolo concentrata in dimensioni tanto ridotte.
La Nasa ne ordina subito 45: aiuteranno gli esperti dell’Agenzia a elaborare la traiettoria della prima missione Apollo, la stessa che qualche anno dopo porterà Neil Armstrong e Buzz Aldrin sulla Luna.
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La Programma 101 viene anche richiesta dal canale televisivo NBC, che la userà per calcolare i risultati elettorali delle aree di New York e del New Jersey.
Poco meno di due anni dopo la presentazione, la Hewlett Packard (meglio nota come HP), verserà alla Olivetti 900mila dollari, per aver utilizzato la tecnologia della Programma 101 (coperta da brevetto) nel suo nuovo HP 9100. La dimostrazione che ancora una volta, quella grande “sfida del futuro” era stata vinta dall’azienda fondata a Ivrea nel 1908.
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