Con Vincenzo Gallotto, Avvocato e Data Protection Officer, consulente legale di Assoprovider, scopriamo i nuovi obblighi dei provider sul tema del Parental Control.
Parental Control, un tema molto dibattuto in ambito TLC in tempi recenti: gli ISP e le associazioni come Assoprovider, stanno cercando di individuare le soluzioni tecniche da implementare e quali tipologie di contenuto dovranno essere disabilitate.
Esistono alcune questioni ancora aperte, ma gli adempimenti previsti dalle Linee Guida AgCom sono già chiari in molti punti.
Dei dubbi e delle risposte sulla norma, Assoprovider ha discusso con l’avvocato Vincenzo Gallotto, consulente legale dell’associazione, durante un webinar dedicato al tema.
Parental Control: Cosa prevede la Legge
Tutto comincia con l’articolo 7-bis del Decreto Legge 28/2020, che ha introdotto l’obbligo di implementare dei “sistemi di controllo parentale”, da parte degli Operatori. La norma parla di un “filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco di contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto”.
In particolare, i sistemi devono essere:
- Preattivati sulle linee, in caso di contratto con i minori;
- Gratuiti;
- Disattivabili solo su richiesta del consumatore.
In seguito alla legge, l’AGCOM ha avviato una consultazione pubblica sul tema, per dare attuazione all’adempimento, coinvolgendo operatori e associazioni, che avrebbero potuto proporre delle soluzioni tecniche e offerto il proprio parere sulle tipologie di contenuti da bloccare.
In seguito alla consultazione, l’Autorità ha emesso una serie di linee guida, inviate per un parere alla Commissione Europea, prima dell’adozione definitiva con delibera 9/23/CONS.
Il termine ultimo per adeguarsi alle linee guida è il 21 novembre 2023, esattamente 9 mesi dopo la pubblicazione della delibera AGCOM.
Cosa prevedono le linee guida AgCom
Secondo le linee guida AGCOM, il sistema di controllo parentale è:
- Obbligatorio nelle offerte destinate ai minori;
- Disponibile come attivabile da parte del titolare del contratto per le offerte rivolte ai maggiorenni;
- Non obbligatorio per le utenze business.
Come già accennato, l’Operatore deve offrire il servizio base per il parental control in maniera gratuita, ma può offrire ulteriori servizi aggiuntivi a pagamento. Pensiamo per esempio allo sblocco del sistema in determinate fasce orarie, oppure alla selezione/deselezione di determinati contenuti (block list e allow list), o ancora alla memorizzazione dei siti visitati.
Gli ISP sono inoltre tenuti a informare adeguatamente gli utenti, anche quelli già sotto contratto. La comunicazione può avvenire via bolletta, attraverso aree riservate su siti web/app.
Infine, agli Operatori anche l’obbligo di fornire assistenza tecnica gratuita sullo strumento.
Come implementare il blocco?
Tra le questioni ancora aperte, c’è quella, dirimente, della soluzione tecnica per l’implementazione del parental control. In questo, l’AGCOM dà agli operatori la possibilità di usare la soluzione più adatta al proprio business.
Le alternative principali sono due:
- Installazione, da parte dell'utente finale, di un’applicazione messa a disposizione dell'operatore sui diversi dispositivi impiegati.
- Filtraggio dei contenuti a livello di trasporto o applicativo, con specifico programma di filtraggio installato su proxy/gateway o impostazione di un servizio DNS. Quest’ultima tipologia è già ampiamente impiegata per esempio per le liste del CNCPO o per il blocco del gioco d’azzardo e dei contenuti protetti da copyright.
«Il mio consiglio – ha spiegato l’avvocato Gallotto – è di informare AGCOM in anticipo sulle fasi di progettazione e realizzazione del servizio, per ricevere un avallo a priori e comprendere se si sta percorrendo una strada corretta».
Cosa succede se non ci si adegua?
Allo stato attuale delle cose, spiega l’avvocato, “non è prevista un’attività di vigilanza e sanzionatoria da parte dell’AGCOM, in caso di non attivazione o di errata attivazione del parental control”. Nonostante ciò, “l’AGCOM ha l'obbligo di notificare e di segnalare l'anomalia all'operatore, il quale potrà adeguarsi in un periodo di 60 giorni. Nel caso in cui non dovesse ottemperare, potrebbe quindi comunque aprirsi un procedimento”.
Quali contenuti bloccare? Un tema ancora aperto
Tra i temi ancora oggetto di confronto, quello sulle tipologie dei contenuti da bloccare. Il Decreto Legge 28/2020 stabilisce che sia l’AGCOM a doverli individuare. Nelle linee guida, in realtà, l’Autorità suggerisce l’adozione di una nuova consultazione pubblica con gli operatori, per cui la questione resta ancora aperta.
Il provvedimento dell’AGCOM però offre già alcune indicazioni. In particolare, segnala alcune categorie di contenuti, anche se eccessivamente generiche:
- Contenuti per adulti (pensiamo ai siti di contenuto pornografico);
- Gioco d'azzardo/scommesse;
- Armi;
- Violenza, compresi i siti che presentano o promuovono lesioni autoinflitte e suicidio;
- Odio e discriminazione verso qualsiasi individuo o gruppo;
- Promozione di pratiche che possono danneggiare la salute alla luce di consolidate conoscenze mediche (per esempio i siti che supportano l’anoressia, la bulimia, l’uso di alcol e tabacco);
- I cosiddetti “Anonymizer”, che forniscono strumenti e modalità per rendere l'attività online irrintracciabile;
- I siti che promuovono sette (incantesimi, maledizioni, poteri magici etc.).
Nell’attesa di definizioni più specifiche, l’AGCOM suggerisce agli ISP di utilizzare le liste di domini/sottodomini e contenuti, determinate secondo proprie specifiche di servizio e/o fornite da soggetti terzi.
I dubbi restano, dal momento che, come spiega l’avvocato Gallotto, “i contenuti indicati sono estremamente vasti: c’è un’oggettiva difficoltà nel selezionare e bloccare queste tipologie di contenuti, perché in alcuni casi possono trovarsi in siti che offrono servizi o informazioni perfettamente leciti e legittimi”.
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